Manga di Tsugumi Oba e Takeshi Obata. Uscito nel 2003, è ormai considerato un classico dell’animazione giapponese, fra i manga più famosi e amati. Per gli esperti del settore, ha rivoluzionato il mondo dei fumetti giapponesi. Da esso sono stati tratti diversi anime, di cui l’ultimo trasmesso su Netflix è diventato, seppur con qualche critica da parte dei fan, un successo mondiale.

La storia: tutto prende avvio quando Light Yagami, figlio modello del capo della polizia, uno studente di licei dalle doti eccezionali, con ottimi voti e dal comportamento ineccepibile, trova per caso un Death Note, un quaderno della morte lasciato cadere sul mondo terrestre per noia da Ryuk, uno shinighami o spirito della morte. Il quaderno ha il potere di determinare la morte di chiunque il cui nome venga scritto sulle sue pagine, lasciando così impunito colui che ne ha decretato la fine.
Light, mosso da ideali di giustizia, inizia ad usare il quaderno con l’intento di liberare il mondo dal male e condanna a morte ogni criminale di cui venga a conoscenza del nome e del volto (queste due regole del Death Note). I problemi per lui iniziano quando la polizia giapponese, insospettitasi per l’elevato numero di morti, chiama a investigare il giovane e geniale Elle, coetaneo di Light e, come lui, desideroso di combattere il male. Elle e Light (che la polizia chiama con il nome Kira) iniziano così una sfida di intelligenza, animata dal doppiogioco reciproco e dal desiderio di prevalsa sul rivale. Una vera e propria partita mentale fatta di mosse e contromosse, attacco e difesa, come nel gioco del tennis – in cui si sfidano realmente in uno dei loro primi incontri – sino al match point finale.

Death Note è un vero e proprio laboratorio di etica per problemi.
Light viene presentato come un bravo ragazzo, inizialmente mosso dal desiderio di rendere il mondo in cui abita un posto migliore. Il suo fine, dichiarato più volte, è quello di creare una società di pace, finalmente libera dal male e dalla violenza, anche al costo di prendere le veci di Dio: un Dio castigatore che non perdona né concede un secondo appello alla condanna di morte. Ma, e qui il primo enorme interrogativo etico posto dal manga, è lecito fare del male seppur a fin di bene? Ed eventualmente, fino a che punto?
Light e Elle, così simili e allo stesso tempo rivali contrapposti in questa partita, rappresentano l’uno il bene e l’altro il male. Eppure, anche Elle, l’investigatore determinato a interrompere la serie di omicidi perpetuati da Light, non esita a imprigionare e immobilizzare per giorni Misa e Light con la speranza di ottenere prove dei suoi sospetti.
Bene e male si intrecciano in continuazione, sino a confondersi l’uno nell’altro: non siamo tutti disposti a compiere il male se mossi dalla convinzione che ciò sia giusto e utile a un fine? Questo uno dei grandi interrogativi etici posti dal manga.
Vi è poi, non meno complesso e altrettanto urgente, il tema della giustizia.
È forse questo il punto più delicato, il crinale sul quale si schierano i vari protagonisti: tutti desiderosi di migliorare la società e tutti disposti, chi più chi meno, ad usare mezzi illeciti per farlo; a porli, però, gli uni da un lato e gli altri dall’altro della partita vi è l’idea di giustizia: personale, rapida, lapidaria, l’una, istituzionale, rieducativa e (più o meno) attenta alle procedure, l’altra.

Si pensi alla dolce Misa che, innamorata di Kira dal momento in cui lui ha ucciso l’assassino del padre, si unisce a lui nel gioco del giustiziere, e da vittima diventa a sua volta carnefice. Lo farà senza quella brama di onnipotenza che muove Light-Kira, ma spinta dal desiderio di essere amata da colui che ha vendicato il padre e riportato un senso ‘giustizia’ nella sua vita.
Entrambi, Light, figlio del capo della polizia, e Misa non si riconoscono nella giustizia istituzionale, preferendo ad essa quella privata, forse sbrigativa, ma risolutiva che il Death Note offre loro. All’idea di pena come rieducazione del reo, prediligono la logica del taglione: occhio per occhio, dente per dente. Non importa se crimini minori vengono ripagati con la punizione più alta, la pena di morte: il singolo, la sua prospettiva, i suoi stessi diritti si perdono nel perverso piano di assicurare una società priva di male.
Ma è una tale società poi possibile? La risposta degli autori ci pare evidente.