In queste settimane si discute di Public Philosophy, filosofia pubblica. Ci si chiede anzitutto che cosa sia la Public Philosophy: si distingue dalla filosofia professionale o accademica? Se sì, in che termini? O non c’è filosofia che non sia anche filosofia pubblica, per tutti? È utile fare filosofia con non addetti ai lavori? Per quali motivi? Ma, soprattutto, la filosofia pubblica realizza o tradisce il compito ultimo della filosofia?

Queste e altre domande vengono poste nel dibattito, rianimato recentemente da un articolo di Agnes Callard, “Is Public Philosophy Good?”
«La filosofia pubblica – scrive Callard – aspira a liberare il soggetto dai suoi confini accademici: a porre la filosofia in azione. È questa una buona cosa?» si chiede. Callard analizza la questione, ma sceglie di non fornire una risposta definitiva, lasciando aperta la domanda ad ulteriori sviluppi. L’articolo, del resto, è il primo di una serie che seguiranno su «The Point» dedicati al tema.
Su un aspetto però, che a suo dire caratterizzerebbe la filosofia pubblica, Callard si mostra molto critica: la dicotomia “business o piacere”. Secondo Callard, infatti, chi propone filosofia ad un pubblico generalista è costretto a presentarla o come foriera di risposte ‘utili’ alla vita quotidiana, o come momento intellettualmente stimolante e quindi divertente. Entrambe queste aspirazioni, tuttavia, sarebbero fortemente limitative del fare filosofia.
All’articolo della Callard hanno risposto in molti. Qui segnaliamo due interventi.
Il primo è di Justin Weinberg, che dalle colonne del Daily Nous riformula la questione: “How is Good Public Philosophy Possible?”
Secondo Weinberg la filosofia pubblica non è costretta a scegliere tra la dicotomia business (o utilità) e piacere, ma ha molte più opzioni . Un rischio però, concorda Weinberg con Callard, lo corre la filosofia pubblica quando, nel tentativo di attrarre pubblico, può essere tentata di enfatizzare le possibili risposte alle grandi questioni, più che il loro aspetto problematico e il lavoro di continua ricerca della filosofia.
Il secondo intervento che segnaliamo è a firma del Committe del Public Philosophy Network: Nancy McHugh, Evelyn Brister, Ian Olasov e Todd Franklin, i quali dal blog della American Philosophical Association hanno risposto alla Callard con l’articolo “Public Philosophy Is Good—For Philosophy and For the Public”.
Gli autori entrano nel merito della, secondo loro falsa, dicotomia presentata dalla Callard e ne discutono criticamente entrambe le alternative. Quindi propongono argomenti in favore della filosofia pubblica, sostenendo che fare filosofia pubblica sia utile non solo per la società, ma per la filosofia stessa.
Per approfondire:
A.Hosein, Taking Public Philosophy Seriously, 2017:
http://dailynous.com/…/taking-public-philosophy-seriously-…/
Public Philosophy Journal:
https://publicphilosophyjournal.org/
Public Philosophy Network:
http://publicphilosophynetwork.ning.com/
Essays in Philosophy, numero dedicato alla Public Philosophy:
https://commons.pacificu.edu/eip/vol15/iss1/1/