giovedì 23 Giugno, 2022

Sliding Doors: tra le idee di libertà e destino

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Ho rivisto un film di qualche anno fa, Sliding Doors, del 1998, diretto da Peter Howitt. L’ho fatto su sollecitazione di una discussione sorta all’interno di un laboratorio filosofico. Si stava parlando di identità e divenire e di libertà e di predestinazione. Ci si stava chiedendo quanto, ed eventualmente fino a che punto, fossimo davvero noi protagonisti del nostro percorso: siamo liberi nelle scelte che compiamo ogni giorno, o semplicemente ci illudiamo di esserlo mentre percorriamo un sentiero già tracciato per noi (da chi? Da Dio, dalla necessità naturale, dal Destino?).

È a questo punto che a qualcuno è venuta in mente questa pellicola. Nel film, seguiamo Helen, la protagonista, lungo due possibili vite parallele, separate solamente da un piccolissimo dettaglio: in un caso prende la metro, nell’altro la perde. Questo insignificante incidente genera tutta una serie di conseguenze che portano Helen a vivere due storie molto diverse fra loro, ad avere due futuri possibili alternativi.

Il film sembrerebbe inizialmente suggerire l’ipotesi che non vi sia un “destino”, un unico percorso in tutto e per tutto già preordinato, ma semmai infiniti possibili percorsi che si aprono davanti a noi ad ogni singolo istante della nostra vita, a seconda che si perda un treno, che si volti per una via o per l’altra, o che si risponda o meno a una chiamata, e così via.

Attenzione che questo non ci rassicura del tutto sulla nostra libertà di agenti: potrebbero essere gli eventi subiti a spingerci da una parte o l’altra della china, come le palline in un biliardo rispondono necessariamente alle diverse forze subite. Emblematico l’evento scelto come spartiacque nella storia di Helen: è la presenza o meno di una bambina che le sbarra la strada a farle prendere o perdere il treno, un elemento indipendente dal suo volere, quindi, non una sua decisione.

Effettivamente la storia, anzi le due storie raccontate da Sliding Doors non consentono di sbarazzarci del tutto dell’idea di “destino”. Vi sono alcuni eventi importanti che si ripresentano in entrambi i percorsi, seppur con modalità differenti: una gravidanza inattesa, la scoperta del tradimento, l’incontro del grande amore. È come se, sembra suggerire il film, vi fossero appuntamenti con il destino che non possiamo mancare e che in un modo o nell’altro si verificheranno. Sono lì che ci aspettano.

Ecco, allora, che ritorna il quesito iniziale: vi è un percorso che in qualche modo ci attende, almeno nelle sue svolte principali? Se sì, chi o cosa lo decide? E poi, quali sarebbe queste svolte ‘principali’, in base a quali criteri vengono determinate?

Come si sa, questo è un tema centrale nella riflessione filosofica e non solo: l’uomo ha la sensazione di scegliere, se andare o meno al lavoro stamattina, quale strada prendere, se compiere o meno quell’azione. Eppure, ci chiediamo quanto queste scelte siano veramente “libere”. Non sono esse stesse frutto di condizionamenti (naturali, psicologici, sociali, ecc.)? Potremmo veramente aver scelto altrimenti? O siamo determinati nel nostro agire e pensare? E se fossimo predeterminati, che spazio resterebbe alla responsabilità: possiamo dirci responsabili moralmente di un’azione se non era in nostro potere fare altrimenti?

È l’antico problema della (im)possibile (?) conciliazione tra determinismo e libertà.

Per chi volesse approfondire la questione, consiglio questo ottimo lavoro di Mario De Caro, informato ma di agevole lettura per tutti, Libero arbitrio. Una introduzione, Laterza 2004.

Ma oltre al tema libertà e destino, Sliding Doors ci porta a interrogarci anche su altre, importanti, questioni. Come quella sulla natura della felicità: quale delle due vie sceglieremmo di percorrere tra le due descritte? O quella sull’identità e il divenire di una persona: la Helen che si presenta, nelle due versioni differenti, agli appuntamenti col proprio fato è la stessa Helen o sono due Helen diverse che stiamo osservando? C’è un qualcosa di simile a un nucleo originario della persona e della nostra identità che definisce ciascuno di noi a prescindere dagli eventi contingenti che viviamo? O ogni singolo momento del nostro vissuto contribuisce a formare chi siamo, modificando inevitabilmente chi eravamo fino all’istante precedente? Se così, cosa ci consente di riconoscerci come ancora noi nel proseguo della nostra storia?

Il film naturalmente non fornisce risposte a tutte queste domande, ma propone sollecitazioni. Una piacevole visione e una possibile provocazione alla riflessione filosofica.

Buona visione!

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