Ultima settimana ai centri ricreativi E-state insieme Auser 2023, ultimo laboratorio di dialogo filosofico per bambini/e e ragazzi/e (vedi i racconti della prima, seconda e terza settimana). Scelgo di proporre loro il tema del ‘viaggio’. Non solo perché è tempo di saluti e di partenze, ma anche perché il viaggio può essere metafora del nostro percorso fatto insieme.
Cosa significa ‘viaggiare’:
Partiamo dal chiederci che cosa significhi viaggiare. I più piccolini non riescono a spiegare il significato, ma si lanciano entusiasti in esempi: “si viaggia con la macchina!”, “o con il treno”, “io una volta sono andata in aereo!”. Con i più grandi, dalla primaria in su, la domanda risulta più semplice: “viaggiare significa andare in qualche posto”.
“Anche stamattina siete usciti di casa per andare in qualche posto, siete venuti qui. Direste che è stato un viaggiare?” Chiedo nel tentativo di problematizzare. “No, non proprio”, “quello è spostarsi, come andare a scuola, o al lavoro, o dai nonni”. “Per me viaggiare è qualcosa di più di semplicemente spostarsi“. Il problema che ora ci poniamo è capire cosa sia quel ‘di più’.
“Viaggiare è andare in un posto nuovo”, propone qualcuno.
“Beh, però non proprio – interviene qualcun altro nel gruppo – io ogni anno vado in vacanza nello stesso posto, però direi che è un viaggiare”. “Forse perché è lontano!”. “Ma quanto deve essere ‘lontano’ per potersi dire un viaggio? Un’altra regione? O basta che sia un’altra città?”, riprovo. Insieme capiamo che il criterio della distanza sembra funzionare poco.
“Forse basta che sia un posto diverso da quello in cui stai di solito, per dire che fai un viaggio”. Questa proposta sembra soddisfare i più.

Per quali ragioni viaggiamo?
Ci spostiamo poi dal cosa sia viaggiare al perchè lo si faccia. Le risposte arrivano numerose:
- “Per imparare”
- “Per conoscere posti o persone nuove”
- “Per divertirsi”
Ci soffermiamo su ciascuna di queste e scopriamo che c’è una dimensione specifica che sembra caratterizzare la nostra idea di viaggio e motivarne il desiderio: ha a che fare con l’aspetto di novità o rottura dalla routine quotidiana che tutti gli elementi citati sembrano avere in comune – siano luoghi, persone, o abitudini che incontriamo nelle mete del nostro viaggiare. In questo senso, si ragiona in un gruppo, non ci sono posti ‘belli’ e posti ‘brutti’ in cui andare: “tutti i luoghi hanno una loro bellezza, qualcosa che li rende unici”.
Viaggiare, altrimenti:
A un certo punto del nostro ragionare insieme provo a spostare la discussione su un altro piano: chiedo a bambini/e e ragazzi/e se si può viaggiare solo nello spazio o vi sono altri modi per farlo.
Con i bambini più piccoli, della scuola dell’infanzia, mi aiuto leggendo loro il racconto “Tre piccoli pirati” di Peter Bently, con le magnifiche illustrazioni di Helen Oxenbury, Mondadori, 2016. È una storia in rima dolcissima, parla di mare, vacanze e avventure. Tre bambini che costruiscono un’imbarcazione di sabbia e insieme salpano per avventure meravigliose.

Leggo la storia e chiedo ai bambini assorti nel racconto: “come hanno fatto a viaggiare per mare i tre piccoli pirati?”. Qualcuno mi risponde: “hanno costruito una barca”, ma altri correggono la risposta: “non era un viaggio vero, era per finta!”. “Come per finta?”, insisto. “Era nella loro testa”, “era nell’immaginazione!”, “sì, perché la barca di sabbia non può mica andare in acqua!”.
“E voi riuscite a viaggiare con la vostra immaginazione?”. “Sì”, “io no”. “Proviamoci tutti insieme – suggerisco – chiudiamo gli occhi e partiamo!” E via! I bambini mi dicono di star viaggiando in alto, verso lo spazio, o nel profondo del mare. Qualcuno a bordo di un galeone parte alla ricerca di avventure piratesche, come quella appena letta, altri salgono su treni o aerei che prendono il volo.



Con i più grandi non ho bisogno di usare il racconto: a loro appare chiaro che si possa viaggiare anche con la mente, con l’immaginazione, certo, ma anche con il ricordo.
“Si può viaggiare nel tempo”, “Il ricordo ti porta indietro, l’immaginazione ti porta in avanti”. “Torni indietro nel tempo con la memoria per rivivere esperienze belle”. “Oppure torni indietro per imparare dagli errori che hai fatto, per provare a capire il perché li hai commessi e provare a evitarli in futuro”. “A volte se ti senti in colpa per qualcosa continui a ripensarci”. “O il contrario: sei annoiato o triste nel presente e allora ricordi momenti felici e stai meglio”.
A questo punto chiedo se desidererebbero realmente viaggiare nel tempo e in quale direzione sceglierebbero di andare, se in avanti o indietro. Raccolgo risposte molto diverse fra loro: per alcuni la scelta è scontata, tornerebbero indietro! Altri, invece, decisissimi, andrebbero in avanti. Sono le ragioni che apportano, così diverse fra loro, a stupirmi.
C’è chi tornerebbe indietro per rivivere momenti particolarmente felici, e chi invece mi dice che tornerebbe al passato per poi fermarsi lì. “Io non vorrei crescere più”, “nemmeno io, è meglio restare bambini!”. “Sì la vita da adulti è più difficile”. “Io invece vorrei che il tempo si fermasse ma per tutti” – sussurra una bambina a fil di voce. Le chiedo per quale motivo e mi spiega: “perché così i miei genitori non potrebbero invecchiare e morire”.
“Io tornerei indietro nel tempo per rivedere il mio cane che ora non c’è più”. Questo intervento è seguito da molti altri simili: “anch’io tornerei indietro a quando c’era il mio nonno”.
Fra chi invece sceglierebbe di viaggiare nel futuro la motivazione è dovuta al desiderio di vedersi da grandi. “Ma non vi rovinereste la sorpresa a sapere cosa diventerete da grandi?” provo a chiedere. Ma no, c’è grande ottimismo: “se quello che vedo mi piace sarei contento, e se invece non mi piacesse ancora meglio, così tornando nel presente proverei a cambiare la mia vita per evitare quel futuro!”, mi spiega un ragazzo esprimendo piena fiducia nella possibilità di dominare il proprio destino.

Cosa vi portate a casa dal ‘viaggio’ fatto insieme al centro ricreativo?
Il nostro tempo è quasi finito, chiedo infine se ritengono che l’esperienza fatta insieme ai centri ricreativi possa essere considerata una sorta di viaggio. In tutti gruppi mi viene risposto di sì. In fin dei conti abbiamo detto che si viaggia per imparare, conoscere e divertirsi: “sono tutte cose che abbiamo fatto al centro ricreativo!”, mi conferma un bambino. “Il centro è stato una specie di viaggio perché abbiamo fatto molte esperienze insieme e siamo cresciuti in queste settimane”. “Anche se eravamo con compagni di scuola o amici di sempre, per me è stato un viaggio perché grazie al dialogo ci siamo conosciuti meglio, abbiamo capito cose di noi che altrimenti non ci saremmo mai detti”, aggiunge un bambino.
Come da ogni viaggio, si torna in parte cambiati dall’esperienza, portandosi nella valigia piccole (o grandi) trasformazioni, qualche conquista e forse anche qualche nuova cicatrice.
“Cosa vi portate a casa dall’esperienza del centro estivo?”, la mia ultima domanda a questi bambini e ragazzi. Le loro risposte, i loro disegni, le loro tracce lasciatemi in queste settimane di dialogo e confronto sono quanto porto a casa io…








