Se ai bambini si dà spazio di parola, loro se lo prendono, e lo riempiono tutto!
Quando Auser e Unipop Cremona mi hanno chiesto di aiutarli in questo progetto, VolontariAmo, io l’ho subito trovato grandioso. Si trattava di dare la parola ai giovani per sentire la loro sulla grande domanda di cosa sperano nel futuro e cosa, in particolare, chiedono al mondo del volontariato per lavorare al futuro in cui sperano. Io ho preso sul serio questo invito, e la parola ai più piccolini l’ho data. Per circa 6 settimane ci siamo ritrovati, nel tardo pomeriggio, dopo 8 ore di scuola, in mezzo ai compiti da fare e ai tantissimi impegni, e abbiamo ragionato insieme di che cosa fosse per loro il ‘volontariato’. Cosa volesse dire questa parola così importante (“una parola grande”, dirà una bambina).
Dare la parola a qualcuno è più complesso di quanto uno possa intuitivamente immaginare. Significa molte cose. Significa, anzitutto, dare spazio, di ascolto – un ascolto attento, non giudicante, interessato – e dare spazio di espressione. Significa accogliere quello che l’altro dice (sia un bambino di 4 anni, sia un giovane di 24), sforzarsi di capirlo, davvero, liberandosi dai preconcetti che ognuno inevitabilmente si porta appresso. Significa anche essere disponibili a cambiare le proprie priorità, per comprendere quelle dell’altro. Io avevo un’idea di dove saremmo andati con questi incontri, ma i bambini mi hanno portata altrove…
Così mi hanno stupito i piccolini dire – lo vedrete nel video – che volontariato significa “aiutare, tutti, anche chi è monello!” Anche chi è monello, anche chi ha sbagliato. Questo non è affatto un pensiero scontato: l’importanza di aiutare anche chi non ha sempre scelto il bene, o ha fatto il male. Può sorprendere che questo tema venga fuori da dei bambini di 4-6 anni. Forse perché, come e più di noi adulti, nella loro quotidianità vivono la condizione di sbagliare, di fare qualche ‘birichinata’ e, proprio per questo, riconoscono che anche chi sbaglia vada aiutato, non solo i ‘bravi’, ‘giusti’, i ‘buoni’. Facile aiutare chi si comporta bene, più difficile aiutare chi si è comportato male, e per questo lo hanno voluto indicare, lo hanno voluto scrivere su quel cartellone.
Può sorprendere, anche se forse non dovrebbe, ritrovare l’urgenza della questione ambientale in bambini così piccoli, ma già consapevoli che la questione non aspetta più, e ad essa tentano disperatamente di richiamare la nostra distratta attenzione. O, ancora, la sicurezza con la quale i bambini esprimono la convinzione che fare del bene agli altri, sia anche un fare del bene a se stessi. Un’idea che viene rivendicata, affermata, non nascosta. E’ un messaggio da dare, non da nascondere: vieni anche tu, aiuta anche tu perché aiutare ti fa bene, starai bene poi.
Infine, un desiderio prende forma dai bambini: quello di avere uno spazio tutto loro (un luogo, o forse anche un momento?) in cui essere liberi, senza adulti, ma… con le regole. “Le regole ci servono, le regole ci aiutano a stare bene”.
Dare la parola, ai più piccoli come ai più grandi, significa anche prendere sul serio quello che dicono. E lo si fa se la si discute con loro, ci si apre al confronto, anche critico, lasciando da parte ogni paternalismo, ma dicendo sinceramente la nostra. Se lo si fa, se ci si mette davvero in dialogo con i bambini, loro si metteranno in dialogo con noi.
Qui il link del video sulla pagina di Auser Unipop: https://fb.watch/h6Wu_rwE_6/ o sulla nostra pagina Facebook.
